Il campionato di Serie B appena concluso ha visto la franchigia piemontese giungere quarta con 78 punti. Rispettivamente 13 in meno del Cus Milano, arrivato primo, e 12 in meno del Biella Rugby, l’altra compagine promossa in A.

Al terzo posto ha chiuso l’Amatori Rugby Alghero (87), che si è visto sfuggire di mano il passaggio di categoria proprio all’ultima partita, perdendo in casa lo scontro diretto con i lanieri.

Guardando i dati che andranno ad arricchire gli archivi statistici, in 22 partite il Monferrato ha vinto 15 volte e perso sette, realizzando 630 punti e subendone 355 (differenza in positivo 275).

Le sconfitte sono state quelle in trasferta contro Sondrio, Alghero, Capoterra, Biella e Lumezzane; e quelle casalinghe contro Cus Milano e Alghero.

La compagine catalana è l’unica ad aver superato due volte il Monferrato, che contro il forte Cus Milano ha invertito i fattori: successo al “Giuriati” e battuta d’arresto ad Alessandria.

“Sicuramente siamo delusi per la mancata promozione, non possiamo nasconderci dietro un dito. bisogna sempre vedere il bicchiere mezzo pieno – spiega l’allenatore-giocatore Roberto Mandelli -. Abbiamo disputato un campionato di vertice, contribuendo a restringere i giochi a quattro e dettando i tempi per tutto il girone d’andata. Non dimentichiamo che siamo stati noi i campioni d’inverno con ben cinque punti sulla coppia promossa Cus e Biella, a cui vanno i nostri complimenti”.

Poi cosa e successo?

“Credo che a penalizzarci siano stati soprattutto gli infortuni che praticamente ci hanno pregiudicato l’intero reparto dei trequarti. Ho avuto quattro titolari fuori per un lungo periodo. Poi ci sono stati degli episodi”.

Quali?

“Il blackout che ha compromesso la nostra prestazione a Sondrio alla terza di campionato, le mancate trasformazioni ad Alghero, che hanno fatto la differenza visto che in fatto di mete eravamo pari, e – anche se degli arbitraggi non voglio mai parlare – alcune decisioni che ci hanno fortemente penalizzato a Capoterra”.

Quando hai cominciato ad intuire che il Monferrato avrebbe potuto perdere il treno per la promozione?

“L’unica partita in cui siamo davvero stati inferiori ai nostri avversari, è stata quella di Alessandria a marzo contro il Cus Milano, quando, al di là del 43-12 finale, siamo stati sovrastati nel gioco e non siamo stati in grado di reagire. Prima si parlava di episodi, bene, alla terz’ultima di campionato abbiamo affrontato il Biella a casa sua e avremmo potuto benissimo vincere. Abbiamo invece perso 17-13. Se, al contrario, avessimo vinto, le cose avrebbero preso un’altra piega e avremmo potuto approcciarci diversamente al match casalingo contro l’Alghero. I sardi sono venuti ad Alessandria sapendo che noi ci saremmo giocati il tutto e per tutto e non hanno fallito testa e schemi”.

E adesso?

“Per prima cosa ho dato il rompete le righe a tutti. I ragazzi devono poter scaricare la mente e riposare il fisico dopo ben quarantaquattro settimane di duro impegno. Poi si ricomincerà, prima con un lavoro fisico dettagliato, quindi con il campo. Insomma, la solita routine. Voglio però sottolineare un aspetto importante: quando sono arrivato al Monferrato ci siamo dati tre anni per salire in Serie A. Nello scorso campionato ci siamo ambientati nella categoria, in questo appena concluso abbiamo provato ad osare testando i nostri limiti, nel prossimo dovremo farci trovare assolutamente pronti per raggiungere l’obiettivo. Ecco perché non parlo di stagione buttata via”.

Sul concetto della programmazione delle tappe si soffermano anche la presidentessa del Monferrato Raffaella Mura Carafa e il consigliere Eugenio Ribuoli.

“Qui si parla di un progetto che sta iniziando a dare i suoi frutti. La franchigia è un modello di sviluppo e formazione che ha fatto il suo debutto in Italia solamente pochi anni fa – spiegano -. Il nostro obiettivo è quello di avere una formazione di vertice ma nel contempo fornire servizi e opportunità alle squadre del territorio secondo uno schema molto semplice. Noi vogliamo dare un punto di arrivo di buon livello per chi gioca a rugby nelle province di Alessandria e Asti”.

Nella rosa della prima squadra quest’anno ci sono stati tanti ragazzi dei vivai. Pensate che questo vi abbia penalizzati in termini di risultati?

“Innanzitutto è motivo di orgoglio e segno che il progetto dà i suoi frutti. La Serie B è un campionato strano, con società che fanno scelte diverse l’una dall’altra. Certamente chi non decide di ingaggiare giocatori dal grande nome spendendo parecchio sul mercato, in un primo momento sembrerebbe penalizzato. Ma aver fatto un simile progetto, in un periodo generale comunque di ristrettezza, ha certamente aiutato e aiuterà. Anche perchè se un domani non avrai più la possibilità economica per permetterti certi giocatori, potrai comunque contare su delle fondamenta solide”.

I ragazzi credono nel progetto?

“Dobbiamo dire che sono molto attaccati alla maglia e sono molto attaccati al progetto del Monferrato. Noi glielo spieghiamo, loro ci tengono, e tutta l’attività viene fatta in funzione di mantenere nelle nostre zone un rugby il più professionale possibile”.

Salvaguardando le diverse identità delle società alla base della piramide.

“Fondamentale è il modo in cui il progetto viene gestito: non sminuisce o uniforma i club ma ne mantiene alta l’identità. I campanili non vanno abbattuti ma innalzati, perché così cresce la piramide. Poi certo, un domani una società potrebbe andare da sola, ma se il vertice mantiene una proposta di qualità superiore il discorso non si pone. L’idea è che la piramide è più grande quanto più alte sono le colonne sotto. I campanili ci sono serviti per appoggiarci sopra e guardare un po’ più alto”.